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Anni novanta a metà strada

  • 31 Marzo 2015
  • By elise
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Anni novanta a metà strada

Quest’anno gli anni novanta sono sulla bocca di tutti (o pure nel guardaroba… a scelta). Per me gli anni novanta sono stati soprattutto strani. Molto strani. Gli anni novanta hanno segnato per me il momento del cambiamento. Una rottura. Il periodo del trasferimento. Il trasloco. Una nuova vita, una nuova casa, un nuovo paese, una nuova lingua, nuovi amici.

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Levi’s Trucker Jacket

Nei primi anni novanta c’è stato prima di tutto la nascita della nostra sorellina. Io avevo sette anni. E stranamente non è che me lo ricordo benissimo. Anzì, proprio ieri pensavo che non ho ricordi di mia mamma incinta. O allora molto vaghi. Che peccato.

I primi ricordi netti che ho con la nostra sorellina allora neonata sono i vestiti. Già…. Mi ricordo che ci piaceva vederla tutta vestita bene. I bloomers a fiori, i pigiamini di ciniglia, gli abitini con fiocco sulla schiena e cappello abbinato… E poi quella salopette.

Negli anni ’90 i nostri genitori sono partiti per New York e noi nemmeno sapevamo dove fosse. Ricordo però che da lì ci hanno portato degli abiti di jeans fighissimi e io mi sentivo un po’ straniera. Un abito tutto abbottonato sul davanti che era una meraviglia…. Mia sorella pure. E per la piccola una salopette che con il pannolino non sto manco a spiegarvi la tenerezza.

Gli anni ’90 sono stati pure quelli delle prime vere amicizie. Che poi di vero avevano ben poco. Io una amica del cuore allora ce l’avevo. Quella che mi ha “rubato” il primo fidanzatino. Quella che non mi ha parlato per giorni quando mia mamma mi comprò il primissimo reggiseno (che mica serviva a reggere chissa cosa) di cotone bianco con un fiocchetto davanti. Questo forse è stato il nostro ultimo litigio. Perchè poi?

Poi c’è stata la “separazione”, e la scuola nuova. Le amiche nuove. La prima media. C’era l’andare a scuola da sola per la prima volta. C’era il sentirsi grande. E poi c’era soprattutto il negozio di caramelle vicino all’entrata della scuola. Quelle caramelle a fili lunghissimi a gusto fragola, mela o coca cola. Con quei granelli aciduli e frizzanti che pizziccavano la lingua.

C’è stata la prima crisi adolescenziale. Quando finivano i biscotti della merenda. I “Petits Ecoliers” ed è un vero peccato che non esistano in Italia.

petits écoliers de Lu

Nei miei anni novanta c’è stata anche la moda dei pantaloni a zampa. Che se non ce li avevi non eri nessuno. A malincuore mia mamma ha ceduto. In fin dei conti è vero: erano proprio brutti.

Negli anni novanta nella mia scuola una ragazza impazziva per i Take That. Spendeva l’ora di matematica incidendosi il nome il Robbie Williams sul braccio con il compasso. Io tutt’oggi non riesco a capire. E mi sforzo eh. Io invece sognavo davanti alle top model e tappezzavo la cameretta con le foto di Linda Evangelista, Carla Bruni e Claudia Schiffer. Claudia la mia preferita e cercavo di riprodurre le sue acconciature viste in passerella per andare a scuola. E no, non sempre era una buona idea.

E poi c’è stata la seconda parte degli anni ’90. Quelli in Italia. Faceva un po’ paura. Chissà perchè io mi immaginavo che passata la frontiera saremmo stati tutti costretti a parlare una altra lingua ed a “italianizzare” i nostri nomi. Così ovviamente non è stato. Però c’è stata un’altra scuola. Un a scuola francese nel cui cortile si parlava quasi solo italiano. Ci sono state amiche nuove che a volte facevi fatica a capire. Nemmeno perchè parlassero l’italiano. No… a scuola francese si parla una strana lingua: lo stendhalien (che prende il nome della scuola, Lycée Stendhal). Un mix strano di italiano e francese. Un italiano francesizzato al massimo. Il panino diventa panin, il baracchino le baraquin, i pantaloni diventano plurali anche in francese, sfigata diventa sfiguée e così via… Poi uno si chiede perchè l’italiano non lo si parla mai alla perfezione…

Nei miei anni novanta in Italia ci sono stati i lucidalabbra Perlier, le canotte Onyx e la borsa Kipling. Io l’Invincta non l’ho mai avuto e l’ho sempre detestato. Si vede che il DNA non mente per quanto uno ci possa provare.

per questo forse, fooorse potrei fare un'eccezione...

per questo forse, fooorse potrei fare un’eccezione…

 

C’era il gelato che si chiamava Algida e non più Miko. Ci sono state le prime Superga.

C’è stato l’apprezzare le “cose di casa” che qui non si trovavano più. I quaderni a righe piccole con margine rosso, le camicie da notte Etam (che poi sono arrivate così come le brioches al cioccolato Pasquier o i cereali Special K ai frutti rossi), la cena al ristorante Courtepaille, i chewing gum Hollywood e il bagnodoccia Tahiti al cocco.

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E poi c’è stato l’apprezzare sempre più di “tornare a casa” se non per quella cosa dell’essere costretta a tradurre i testi di Eros Ramazzotti ai fans francesi…. “Plus belle chooose il n’y a paaaaaas… plus belle chose que toi aaaaaaaaaaa…”

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By elise, 31 Marzo 2015
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